Venerdì 15 Febbraio 2019
Unioni civili. Il cognome comune della coppia non muta i dati anagrafici
Mercoledì 10 Ottobre 2018
La questione sollevata a Ravenna e portata all'esame della Corte costituzionale da un'istanza del Tribunale di Ravenna
La funzione del "cognome comune" − come cognome d'uso senza valenza anagrafica − non determina alcuna violazione dei diritti al nome, all'identità e alla dignità personale. E la disposizione contenuta nel decreto attuativo della cosiddetta legge Cirinnà deve pertanto ritenersi legittima. Lo ha deciso la Corte Costituzionale che ha valutato, per la prima volta, la legittimità della disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso per quanto attiene al "cognome comune" scelto dalle parti dell'unione civile.
Secondo la Consulta deve pertanto ritenersi legittima la disposizione contenuta nell'articolo 3 del D.lgs del 2017, là dove prevede che la scelta del "cognome comune" non modifica la scheda anagrafica individuale, nella quale rimane il cognome precedente alla costituzione dell'unione.
La questione del 'cognome comune', assunto dalle parti unite civilmente nel periodo compreso fra la data di emanazione della legge sulle unioni civili e quella dei decreti di attuazione, è stata portata davanti alla Corte costituzionale dal Tribunale di Ravenna nel novembre scorso. La decisione è stata presa in un procedimento promosso da Avvocatura per i diritti LGBTI - Rete Lenford, seguito dagli avvocati Stefano Chinotti, Vincenzo Miri e Claudia Calò. Il decreto attuativo n. 5/2017 della legge ha stabilito che il 'cognome comune', assunto dalle parti prima dell'entrata in vigore del decreto di attuazione, dovesse essere cancellato dall'Anagrafe; una regola che secondo Rete Lendford non rispetta il testo della legge. La vicenda riguarda una coppia di uomini che, nel giugno 2016, scelse un 'cognome comune', poi cancellato.
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